Riconoscere una melodia

Spartito di una melodia su un pianoforte

Gli studi di neuro-morfologia partono dall’assunto che forma e volume di un tessuto o un organo siano espressione dell’organizzazione funzionale e della densità delle cellule che lo costituiscono, ne sono esempio la correlazione tra memoria, abilità spaziali e volume dell’ippocampo o tra anomalie comportamentali e volume del lobo frontale.
D. Papa, G. Bersani

Una melodia è la concatenazione di una serie di note, le cui distanze si chiamano, in termini tecnici, intervalli. È proprio il riconoscimento di questa concatenazione di intervalli che ci permette di distinguere una specifica melodia da un'altra.
Aspetto degno di nota è la capacità di riconoscere una stessa melodia anche se trasportata in diverse tonalità cioè, quando tutte le note sono alzate o abbassate senza modificarne i rapporti d'intervallo tra di esse.

Percepire la musica richiede:

  • riconoscimento della sequenze di note
  • individuazione delle regole che governano le possibili tonalità
  • identificazione di eventuale sovrastruttura armonica tra le note
  • distinzione della combinazione ritmica

Ci sono poi, altri aspetti sostanziali, come ad esempio la durata dei brani musicali, che può variare da pochi secondi a diversi minuti; la percezione della musica quindi, implica una concreta, quanto basilare, capacità mnesica.

Memoria di una melodia

La memoria è una operazione essenziale della mente umana; è la facoltà di un organismo vivente di salvaguardare tracce delle proprie esperienze e dei propri vissuti.
Grazie al processo mnesico noi possiamo riprodurre, riconoscere e collocare nel tempo e nello spazio gli eventi e conseguentemente servircene per relazionarci con il mondo e fare inferenze.
Funzioni psichiche superiori quali la percezione, il riconoscimento, il linguaggio, la pianificazione, la soluzione di problemi e l'attività decisionale non potrebbero operare se non fossero supportate dalla memoria.
La memoria esiste per effetto di due aspetti, uno genetico, l'altro di acquisizione.
Il primo, quello genetico, riguarda le strutture mnesiche cerebrali che si formano durante lo sviluppo embrionale e la loro natura, il loro potenziale, la loro funzionalità dipende dalla struttura del DNA.
L'aspetto acquisito invece è determinato dall'esperienza personale.

Se sul primo aspetto (quello genetico), non è possibile intervenire, il secondo invece (quello legato all'ambiente e agli stimoli ricevuti) è chiamato decisamente in causa, quando si verificano le condizioni per acquisire e trattenere informazioni.
L’ippocampo è la struttura cerebrale preposta alla fissazione della traccia di memoria, pur non essendone la sede dell'immagazzinamento, esso prende parte alla codificazione delle informazioni, gestendo anche i sentimenti e le emozioni nonché la percezione della realtà.

Non esiste una sede deputata a raccogliere i ricordi o una sede dove vengono memorizzati singoli dati, ogni informazione è ripartita tra un molteplice complesso di cellule mnemoniche.
Per richiamare alla memoria un dato è sufficiente proporre una piccola sezione di quanto si intende rievocare.

Un metodo da sfruttare con la melodia

La memoria funziona attraverso associazioni; in virtù delle capacità associative della nostra mente, ho pensato ad un metodo in grado di offrire più input contemporanei e diversi tra loro, atti a stimolare la rievocazione del concetto nel suo complesso, partendo anche solo da un frammento.
Scopo del mio metodo è dare un ricco bagaglio di associazioni che attingono dal campo visivo, uditivo, motorio, fonologico, per far si che il bambino viva un'esperienza ricca e stimolante e si appropri di uno spettro rievocativo quanto più ampio possibile.
Per maggiori informazioni, contattami.

Tra le tante esperienze accumulate negli anni, ricordo con estremo piacere un corso di aggiornamento avvenuto presso Assisi, dove ha sede la storica Scuola di Musicoterapia Italiana.
Il Comitato Scientifico era composto da Pierluigi Postacchini, Gerardo Manarolo, Maurizio Spaccazocchi, Ferdinando Suvini, nomi sufficienti a garantire l'alta qualità degli interventi.
Altra relatrice di pregio fu la dr.ssa Luisa Lopez, responsabile medico dell'ambulatorio di neuropsichiatria infantile presso il Centro per le disabilità di sviluppo "Villaggio Eugenio Litta" di Grottaferrata (Roma). Il suo intervento si incentrò sul potere protettivo neuro-cognitivo rappresentato dalle esperienze musicali dei bambini e della persistenza di tali fattori nel corso della vita, fino ad età avanzata.

Musica e bambini

La musica, soprattutto se appresa e ascoltata in epoca precoce (ci sono molti studi che oggi si riferiscono perfino all’ascolto in utero), può determinare l’ambiente culturale in cui il bambino si svilupperà: incide sulla sua futura cultura musicale, ma anche su aspetti neuropsicologici come lo sviluppo cognitivo. Le ultime ricerche, infatti, raccontano quanto la musica favorisca lo sviluppo in generale: offre ricchi stimoli sensoriali e, quindi, diverse memorie alle quali agganciarsi, laddove ci fossero dei problemi.
Le “pillole sonore” che diamo durante le prime fasi di sviluppo tornano utili nella costruzione del linguaggio, nella categorizzazione dei suoni, nella formazione della memoria di movimento e in moltissimi altri aspetti. (Luisa Lopez, 2013).
Tale teoria oggi è supportata dalla letteratura scientifica e si consolida sempre più l'idea che lo stimolo cognitivo e l'incremento delle competenze del bambino incentivate dallo studio di uno strumento musicale, non siano limitate alla sola esperienza e conoscenza musicale, ma si attivino in campi extra-musicali quali, ad esempio, la lettura.

La dr.ssa Luisa Lopez ha dichiarato come oggi, le ricerche siano in grado di affermare la trasferibilità di abilità musicali acquisite in altre funzioni cognitive: l'attenzione, la discriminazione uditiva, la memoria, la coordinazione motoria, la manualità fine. È possibile affermare l'esistenza di un'interconnessione funzionale tra domìni di competenze simili (facilmente riscontrabili: suonare uno strumento e manualità fine), ma non si esclude un nesso, per quanto difficilmente dimostrabile, anche tra quelle molto distanti tra loro (es: notazione ritmica e comprensione delle frazioni matematiche).
Negli ultimi anni, molti lavori di ricerca convengono che il training musicale, se metodologicamente ben strutturato, intensivo e condotto per un periodo sufficientemente lungo, può portare ad un miglioramento nell’attenzione, nella memoria e nel linguaggio.

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